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Magnum's First, a Milano la mostra sui grandi della fotografia


Da sempre attento ai nuovi linguaggi dell’arte contemporanea, il Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano torna ad aprirsi alla fotografia. Dall’8 maggio al 6 ottobre 2019, è in programma la mostra che celebra Magnum Photos, una delle agenzie fotografiche più importanti del Novecento, attraverso 83 opere vintage in bianco e nero dei suoi maggiori esponenti, da Henri Cartier-Bresson a Marc Riboud, da Inge Morath a Jean Marquis, da Werner Bischof a Ernst Haas, da Robert Capa a Erich Lessing. L’esposizione, curata da Andrea Holzherr, Global Exhibitions Manager di Magnum Photos, in collaborazione con Magnum, col patrocinio del Comune di Milano e il sostegno di Rinascente, dal titolo Magnum’s first. La prima mostra di Magnum riveste un grande significato storico. La rassegna, infatti, ripercorre la prima mostra del gruppo Magnum – intitolata Gesicht der Zeit (Il volto del tempo) – tenuta tra il 1955 e il 1956 in cinque città austriache. Curiosamente, tutto il corpus di immagini venne dimenticato in una cantina di Innsbruck e ritrovato cinquant’anni dopo, nel 2006, ancora chiuso nelle sue casse.

“Ciò che trovammo nelle casse – afferma la curatrice Andrea Holzherr - era, a dir poco, sorprendente: una serie di vecchi pannelli di legno su cui erano montate delle fotografie molto sporche. Perciò, il mio primo contatto con la vecchia mostra somigliava più alla scoperta di una mummia che a quella di un tesoro. I materiali erano in pessime condizioni: le foto erano ricoperte di polvere, sporco e muffa, e avevano perfino un odore di stantio!”. “La mostra – prosegue Andrea Holzherr - è un rompicapo, un mistero, e rimane la prima mostra in assoluto di foto Magnum di cui si abbia notizia! La sua esistenza è la prova che, sin dall’inizio, la Magnum era diversa dalle altre agenzie fotografiche. Dagli esordi, con il programma di mostre ed eventi, la Magnum difendeva sia il valore della foto come documento”. L’eccezionalità del ritrovamento, oltre a riportare d’attualità il patrimonio di immagini originali fortunatamente ritornate alla luce, offre anche la possibilità di rivedere la mostra esattamente così come era stata pensata. In due casse di legno si trovavano, infatti le ottantatré foto in bianco e nero montate su pannelli di legno colorati, insieme al testo di presentazione, ai cartellini con i nomi, alla locandina originale e alle istruzioni dattiloscritte sull’allestimento. Il percorso espositivo, che presenta otto servizi fotogiornalistici, corredati da una sezione introduttiva, ruota attorno alle diciotto fotografie in bianco e nero di Henri Cartier-Bresson, sugli ultimi giorni e il funerale del Mahatma Gandhi, che facevano parte del servizio pubblicato dalla rivista Life nel febbraio 1948. Allontanandosi volutamente da quel genere di reportage di guerra che lo aveva reso famoso, ecco tre immagini di Robert Capa, che documentano un gruppo di popolani che danza a una festa basca, a Biarritz, nel sud della Francia nel 1951. Queste fotografie, pubblicate postume, avevano lo scopo di sottolineare il ritorno alla pace in una regione divenuta sinonimo di barbarie, al tempo della Guerra civile spagnola. La mostra prosegue con le foto di scena di Ernst Haas, scattate sul set del kolossal hollywoodiano La regina delle Piramidi del 1955, allestito nelle cave di pietra di Assuan, dove caldo, tempeste di sabbia e il Ramadan fecero dell’impresa una vera e propria tortura per le quattromila comparse, quasi tutte musulmane. A queste, fanno seguito le sette fotografie di Werner Bischof, raccolte durante il suo viaggio intorno al mondo nei primi anni cinquanta. Immagini come il bambino che suona il flauto in Perù, o il prete shintoista nel cortile del tempio in Giappone, sono piene di delicate sfumature, pregevoli sia per la composizione che per le tonalità di bianco e nero. Unica donna del gruppo, Inge Morath propone una serie di dieci fotografie, realizzate a Londra, per un articolo pubblicato sulla rivista Holiday nel 1953, tra cui il ritratto di Lady Nash, il suo scatto più famoso. Altro grande contributo di fotogiornalismo è quello di Jean Marquis, autore poco conosciuto fuori dai confini della Francia, probabilmente membro della Magnum fino al 1957. Le sue fotografie furono scattate durante un viaggio che fece con la moglie in Ungheria, nel maggio 1954, e che furono pubblicate nel novembre dello stesso anno sul New York Times Magazine. Erich Lessing ha documentato l’occupazione nazista di Vienna, la sua città, da cui trapelano serenità e anche, in certo modo, buonumore, in luoghi simbolo della capitale austriaca come il giardino del Belvedere, il Prater, il Rathauspark. Chiude idealmente l’esposizione, le opere giovanili di Marc Riboud, che risalgono al 1951, prima del suo ingresso nella Magnum, e documentano la vita nei villaggi dalmati, tra Vrlika, Spalato e Dubrovnik. Emblematica la foto finale di questa serie, ovvero un grande ritratto del presidente jugoslavo Tito mentre viene riportata al suo posto alla fine di un congresso.

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Il libro celebra la visione, l'immaginazione e il talento dell'agenzia fotografica più illustre del mondo. Ogni fotografo di Magnum ha selezionato le sei migliori e più significative immagini di un altro "compagno di agenzia", commentando la sua scelta con un breve testo. Il risultato è questo libro: 413 immagini, accompagnate da aneddoti di vita, ricordi affettuosi e brandelli di storia raccontati dagli stessi protagonisti, i fotografi di Magnum Photos.


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